Letture domenicali
Object Lessons

sunday_bookIl libro nell’immagine qui sopra è un esempio di “Sunday Book” d’età vittoriana. Ricaviamo l’informazione da un sito per la verità non molto ricco ma interessante fin dal titolo, www.objectlessons.org, che appunto fornisce alcune “lezioni” – schede – dedicate a oggetti di varie epoche. L’iniziativa è della Islington Education Library di Londra, una cui sezione è la Artefacts Library che – rimandando a Confucio: «Se sento dimentico, se vedo ricordo, se faccio comprendo» – promuove «object handling, an active form of learning that engages and inspires pupils and students and enriches the classroom». Le collezioni includono differenti oggetti, dalle maschere dell’Amazzonia alle carrozzine per bambini, da scheletri – alcuni veri, altri di plastica – a polli fabbricati con plastica riciclata, costumi… tutti a disposizione per gli insegnanti, per raccontare storie e completare con un tocco e più di realtà i programmi didattici. I docenti possono richiedere in prestito i materiali, registrandosi e compilando una scheda, ma una parte dei materiali è resa visibile e accessibile online, nel sito Object Lessons (fra l’altro uno dei 150 siti sovvenzionati con i fondi della lotteria).Qui gli oggetti sono presentati sotto sette temi – abiti, casa, lavoro, infanzia, salute, conflitti – a loro volta suddivisi in periodi storici oppure secondo i continenti e le culture d’origine. I criteri non sono del tutto rigorosi, così un aspirapolvere Hoover si trova sotto “lavoro” mentre un ferro da stiro si trova sotto “casa” –, e anche i “quadri interattivi” non sono propriamente eccellenti. Tuttavia, forse proprio il carattere contenuto dei materiali presentati e la contestualizzazione del loro uso proposta nelle schede invitano a soffermarsi un poco.Per esempio con riferimento al libro nell’immagine viene spiegato che in età vittoriana la domenica doveva essere rigorosamente dedicata al riposo, come la Bibbia raccomandava; no lavoro, negozi chiusi, niente sport – o tempora o mores? –, ma anche niente disegno o pittura, sicché la lettura rimaneva l’unico passatempo concesso, dopo la chiesa, per i pomeriggi domenicali. Per i bimbi, in particolare, però, solo poche letture erano consentite, come il libro qui sopra, del 1890, il cui carattere moraleggiante s’intuisce già dai contenuti: due bambini che fanno l’elemosina per i poveri, fuori dalla porta di una chiesa.Domani è domenica: si legge!

Il telescopio di Proust
ovvero: Marcel ritrovato

proust_bozzaQualche tempo fa, attraverso la lettura di Franco Rella, Il silenzio e le parole, Feltrinelli, Milano 2001, ci è accaduto di ritrovare un brano del Tempo ritrovato di Marcel Proust, ivi ripreso con riferimento a Walter Benjamin e particolarmente interessante per la consonanza “metodologica” che per noi evoca. Ma teniamolo in serbo un poco, e seguiamo come recentemente vi siamo tornati con gran conforto.Pochi giorni fa, attraverso la lettura del saggio di James A. Boon, Perché i musei mi mettono tristezza, in Politiche e politiche dell’allestimento museale, a cura di Ivan Karp, Steven D. Lavine, introduzione di Fredi Drugman, Clueb, Bologna 1995, ci siamo imbattuti in un’altra (non necessariamente nel senso di una alternativa escludente) lettura di Proust, che segue la citazione (ivi, p. 154) di Walter Benjamin, Parigi, la capitale del XIX secolo, in Id., Angelus Novus, Einaudi, Torino 1962, pp. 145-146, ovvero 1995, p. 151, là dove parla delle illustrazioni di Grandville (Jean-Ignace-Isidore Gérard) che, proprio nell’epoca delle esposizioni universali, rappresenta «oggetti morti» che «si depositano chiaramente nella spécialité – una qualifica o etichetta che sorge in questo periodo dell’industria di lusso; sotto la matita di Grandville la natura intera si trasforma in spécialités. Egli la presenta nello stesso spirito in cui la réclame – anche questa parola sorge in questo periodo – comincia a presentare i suoi articoli. Finisce pazzo».Ma non perdiamo di vista Proust – fra l’altro passeremo per Venezia.Scrive infatti Boon (ivi, pp. 155 ss): «Potete visitare L’Aia (deux étoiles), entrare nel museo Mauritshuis (trois étoiles) sedere con devozione davanti alla veduta di Delft di Vermeer e ascoltare i visitatori francesi recitare, come a memoria, non Proust su Vermeer ma la citazione nella Guida Michelin delle parole del Narratore della Recherche su Vermeer, che può essere la cosa giusta da recitare in questo genere di visite. Io stesso ho avuto modo di sentire più volte, intonata dai visitatori, questa appropriata didascalia, tratta da una guida non precisamente banale: “le plus beau tableau du monde”. Questo saccheggio di Proust da parte del Guide Miche è stato a sua volta saccheggiato dai visitatori, che recitano a voce alta il panegirico, senza preoccuparsi troppo dell’altro visitatore che, lì accanto, vorrebbe leggere in silenzio la Veduta di Vermeer […]. Ora, per quanto mi è stato possibile capire, origliando, questa attività non ha reso i passanti francesi a loro volta melanconici, e neppure allegri, peraltro. Ma chissà. Questi ritmi di riappropriazione resero comunque Proust, o il suo Narratore, triste, o melanconico, o incline alla musica o consapevole della necessità per la memoria di nutrirsi di strati di frammentarie leggende di residui del passato e di luoghi già frammentati e etichettati – come i musei. Proprio questo era la prosa di Proust, e dei suoi predecessori: saccheggio di saccheggio di saccheggio [ma, vorremmo aggiungere, con quale altezza e onestà!].Proust fece oggetto di saccheggio e di “pastiche” [in specie con Pastiches et mélanges] un gran numero di prosatori, compreso Ruskin, di cui addirittura tradusse Sesame and Lillies, scoprendo così una vocazione a scrivere secondo una memoria accumulativa che non si riduceva a una semplice rievocazione [per chiudere il cerchio si dovrebbe ricordare che Benjamin, per parte sua, tradusse Proust]. Tra le opere di Ruskin che Proust saccheggiò su suggerimento della madre c’erano le famose verbalizzazioni e visualizzazioni che suscitavano un vivo senso del luogo e del tempo con riferimento a quello che è forse il luogo più saccheggiato sulla terra: Venezia. […] La museificazione di Venezia a opera di Ruskin, da una parte, la salvò da un certo tipo di concezione turistica (quella che in precedenza l’aveva salvata) e, dall’altra, lanciò una nuova maniera e un nuovo stile di gustare-Venezia che nelle epoche successive l’avrebbe salvata più e più volte. E Venezia non è mai rimasta quel che era. E non si può neppure dire che la stessa Venezia (sposa del mare) non possa essere accusata di saccheggio e sfruttamento. La città cominciò a costituirsi in museo, o più precisamente in reliquiario, molti secoli prima che i viaggiatori e i voyeurs lettori di Ruskin insieme trasformassero Venezia in un composito emblema politico-estetico, con la speranza di redimere l’Europa industriale. […] Se mai una città era destinata a finir museificata – e in un certo senso tutte possono esserlo – quella fu proprio Venezia. Quando il Narratore di Proust descrive Venezia, lo fa sulla scia di una catalogazione che si vuole esaustiva come quella di Ruskin […]». E con riferimento ai ricordi involontari proustiani, scrive Boon (ivi, p. 159): «il narratore finisce col riconoscere nelle sue anticipazioni come nei suoi ricordi i mediatori dell’“esperienza”; più precisamente, ogni esperienza pura sarebbe tesa tra i poli irriducibili dell’anticipazione del ricordo, ed è proprio questa tensione che il narratore finisce col descrivere».Ora, di fronte a questo Proust saccheggiatore e accumulatore, abbiamo ripreso in mano il testo di Rella, Il silenzio e le parole, cit., p. 148, che ricorda le affinità quasi esistenziali fra Benjamin e Proust – «la malattia, il riso, il collezionismo: anche delle “reliquie della memoria”» – ma soprattutto come il primo assumesse nelle opere della maturità il modello teorico proustiano: «Nell’Opera d’arte nell’età della sua riproducibilità tecnica, la distruzione dell’aura, che è stata letta come un’adesione benjaminiana all’avanguardia tecnologica, obbedisce invece al metodo delle accelerazioni e dei rallentamenti temporali, che costituiscono il “tempo” della Recherche, il suo ritmo interno e segreto. L’immagine telescopica, attraverso cui Proust avvicinava le cose è esattamente la distruzione della lontananza che protegge gli oggetti e le immagini nel culto, teorizzata da Benjamin nell’Opera d’arte. Comune ad entrambi è anche l’impegno di decifrazione dei frammenti in cui si decompongono le immagini desacralizzate, per giungere attraverso la loro interpretazione, a costruire una diversa immagine del tempo, un diverso senso, che viene raggiunto proprio al prezzo di una profanazione, di un vero e proprio attraversamento dell’abisso infernale in cui le cose sembrano mostrarsi solo come mostruosa materialità».E in nota Rella cita il brano di Proust, Alla ricerca del tempo perduto, VII: Il tempo ritrovato, trad. it. di G. Caproni, Einaudi, Torino 1978, p. 383, che noi invece traiamo dalla edizione Meridiani, vol. IV, trad. it. di G. Raboni, Mondadori, Milano, p. 752 :«Anche chi fu favorevole alla mia percezione delle verità che intendevo poi incidere nel tempio si rallegrò che le avessi scoperte “al microscopio”, quando era invece di un telescopio che m’ero servito per scorgere cose piccolissime, è vero, ma per il fatto di essere situate a una grande distanza, e ciascuna delle quali era un mondo. Mi si chiamava collezionista di particolari, mentre erano le grandi leggi che cercavo».

Michael

michaelL’abbiamo già segnalato. Michael ovvero Multilingual Inventory of Cultural Heritage, un portale in tre lingue – inglese, francese e italiano – che consente di « trovare ed esplorare le collezioni digitali di musei, archivi, biblioteche e altre istituzioni culturali in Italia, Francia e Regno Unito».Essendo – gravemente – assente dal sito una pagina con crediti e informazioni di base, scopriamo ricercano online che di questo progetto si è per esempio parlato in un convegno organizzato dal Ministero dei beni culturali nei giorni 4 e 5 dicembre 2006, Musei, biblioteche e archivi on line: il servizio Michael (Multilingual Inventory of Cultural Heritage in Europe) e altre iniziative internazionali; alcuni interventi sono ascoltabili e scaricabili (ma con qualche problema…) dal sito web di Radio Radicale. Come racconta nell’introduzione ai lavori di Giuseppe Proietti Michael è un progetto fra i paesi della Comunità europea volto a dare sistematizzazione alla conoscenza e alla cultura, quindi al patrimonio culturale europeo (con un occhio particolare rivolto, poi, al turismo e alla fruizione della cultura).Troviamo poi una scheda relativa al progetto, che indica per l’Italia il promotore (Direzione Generale per l’Innovazione Tecnologica e la Promozione; responsabile: Rosa Caffo) e l’anno di avvio (2004), oltre a una email di riferimento e, per fortuna, un redirect al sito europeo di Michael con tutte le informazioni necessarie, scoprendo che il progetto è connesso con Minerva EC e con le sue attività riguardanti l’interoperabilità dei contenuti nel contesto della convergenza fra biblioteche, archivi e musei necessaria per la creazione della Biblioteca digitale europea – e troviamo inoltre che il progetto non si è arenato ma sta procedendo, attraverso altri convegni e seminari (anche in collaborazione con l’Osservatorio tecnologico per i beni e le attività culturali). Notiamo peraltro che dalla pagina .eu si può accedere ai siti Michael nelle tre lingue, se non che per la versione italiana anziché arrivare direttamente alla home standard del progetto internazionale si passa attraverso un altro portale probabilmente quello originale per l’Italia ma che crea non poche difficoltà, nel momento in cui anch’esso consente di ricercare fra archivi e collezioni, secondo criteri differenti rispetto al Michael ita-eng-fra. Insomma, solito pasticcio!Comunque dal sito europeo impariamo che obiettivo di Michael è che l’utente possa esplorare il patrimonio culturale materiale reso accessibile via internet; i materiali potranno includere documenti informativi, cataloghi o la descrizione delle collezioni fisiche; ma soprattutto dati digitali(zzati) come immagini, modelli 3D e descrizioni meta-data di siti archeologici, edifici, dipinti, sculture ecc.Attualmente sul sito, oltre alla pubblicazione di alcuni (ancora pochi) editoriali, è possibile fare ricerca:- fra le collezioni digitali: per tema; per area geografica; per periodo;- fra le istituzioni: per tipologia; per area geografica;- fra i servizi: per pubblico di riferimento; per tema; per area geografica; per cultura e civiltà.Si noterà che l’accesso geografico è comune a tutte le sezioni, e infatti una delle funzioni più accattivanti è la mappa che consente di selezionare continente e paese in cui cercare. Anche se va chiarito il criterio, giacché Area geografica è intesa l’area coperta dai patrimoni conservati dalle istituzioni; così, per esempio, selezionando America meridionale infatti si ottengono risultati come la Bibliothèque nationale de France o la scheda “Insects at the Manchester Museum”.Comunque si cerchino, i risultati possono essere ordinati e visualizzati secondo varie opzioni (ma per esempio i “soggetti” sono difficili da individuare essendo, in italiano, in ordine sparso anziché alfabetico), e anche scaricati in diversi formati; inoltre è possibile costruirsi proprie collezioni di preferenze.Le schede sono variamente redatte, ma possono contenere informazioni su sede e tipologie di collezioni, consistenza, aree geografiche e temi, periodi coperti ecc.

Polirematica, dromia e amore.
Questioni statistiche

demauro_lemmiSegnaliamo una curiosità, ovvero un potenziale passatempo.Il Dizionario della lingua italiana De Mauro online offre infatti fra le sue opzioni la visualizzazione dei 200 (210 in realtà) lemmi più consultati dagli utenti.Ora, trascurando che la prima parola dell’elenco è gatto – infatti si tratta del lemma che compare di default nella finestra search – può essere interessante percorrere le liste, divise in sette pagine. E si trascuri anche polirematica (posizione 40 [naturalmente le posizioni indicate si riferiscono alla data odierna, e sarà perciò interessante fare un confronto in futuro]), giacché anche questa è dovuta alle funzioni interne del Dizionario online, che sotto alcuni lemmi segnala le voci Polirematiche, appunto, cioè gruppi di parole che hanno «un significato unitario, non desumibile da quello delle parole che lo compongono, sia nell’uso corrente sia in linguaggi tecnico–specialistici, come in italiano vedere rosso “adirarsi” o scala mobile “crescita dei salari al crescere dell’inflazione”, ecc.». Interessanti anche le occorrenze di parole simili tra loro come obbiettivo e obiettivo (6 e 12), famigliare e familiare (78 e 80). Per gli stessi motivi si annulla la curiosità destata dalla presenza, in posizione 122, di TS: la ricerca di una tale sigla infatti, pensandoci un poco, non pare da attribuire a uno specifico interesse per le targhe o per la città di Trieste, bensì a una delle marche d’uso più frequenti che compaiono nella struttura delle voci del Dizionario, appunto TS, che, come si evince dalle istruzioni del De Mauro stesso, si riferisce ai termini “tecnico-scientifici”. Con un errore evidente in una delle funzioni del sito: qualora all’interno di una voce appunto tecnico- scientifica si punti il mouse su TS (in rosa, prima della definizione), si viene rimandati a Trieste anziché alle istruzioni sulle marche d’uso.Fra i primi trenta posti rientrano, comprensibilmente, alcuni termini di riferimento, diciamo così, anatomico, segnale forse di una scarsa informazione diffusa in materia oppure di una qualche curiosità da studente, ma anche altri che probabilmente han attratto il ricercatore per via di confusione – o forse no? – come ficologo, che significa “algologo”, ovvero studioso delle alghe. A pruderie comparabili ricondurremo anche pederasta (54), onanismo (99), zoccola (119) ecc. Del resto quanto alle donne il sentimento non pare proprio benevolo, trovandosi sia il misogino (11) sia la misoginia (181). Ma non manca neppure la misantropia (189).Numerosi i lemmi riferiti a questioni di linguaggio, come vocabolario (2), dizionario (31, ovvero la prima posizione della pagina 2), lemma (48), abc (90), come pure quelli relativi a discipline come epistemologia (25), ermeneutica (51), semantica (64), ontologia (77) e via dicendo.Vizi, cattive abitudini e maleducazione sono ben rappresentati dalle posizioni 74 (ignavia), 79 (accidia), 120 (ipocrisia), 86 e 87 (paraculo e mascalzone)… Fra gli atteggiamenti filosofici e spirituali pare prevalgano l’edonismo (118 e 152), il cinismo (133: cinico) e il nichilismo (154): forse c’è un senso in tutto ciò? Su Dio invece, qualora non si rifiuti la propria fede (115: apostasia), non si prende posizione (127: agnosticismo). Le vicende della cronaca e della politica italiane devono aver stimolato la ricerca di aggiotaggio (4), indulto (107)… e magari anche la posizione 42 (demagogia), e per converso la 47, cioè coscienza. Comunque si può sempre usare un poco d’ironia (94).Scorrendo le liste, dev’essere confessato, sono diversi i termini di cui ignoravo il significato, se non l’esistenza: per esempio dromia (32; s.f. TS zool., granchio del genere Dromia), faldistorio (38; s.m. TS eccl., seggio senza spalliera che in talune funzioni viene posto a sinistra dell’altare al posto della cattedra per farvi sedere la più alta autorità ecclesiastica assistente al rito | TS stor., analogo seggio per re o principi in uso nelle corti), appertizzato (50; da appertizzare: s.f. TS alim., procedimento per la conservazione dei cibi consistente nello sterilizzarli dopo averli chiusi in recipienti ermetici) e così via.L’amore, che si dice debba sempre vincere, è alla posizione 75: del resto com’è possibile pensare di definirlo? A chi può venire in mente di cercarlo in un dizionario? Fra l’altro constatando che la pagina con il risultato della ricerca visualizza nella spalla destra la pubblicità di un sito web la cui funzione è farci incontrare la nostra anima gemella…Un’ultima nota, il Dizionario fornisce non solo la statistica dei lemmi più cercati, ma anche dei 210 lemmi non trovati, fra cui, oltre a bizzarrie come “Annina ti voglio tanto tanto bene!” in prima posizione – forse dovuto a qualcuno che dopo aver cercato la parola “amore” ha pensato bene che un gesto concreto/virtuale avrebbe meglio giovato alla sua relazione –, o “Luis Silvio” (30), si trovano casi per i quali si è in dubbio se siano dovuti a reale ignoranza. Infatti fino a dove resta possibile attribuire a eccessiva fretta nella digitazione: fisognomico, conoscienza, sufficente, coscenza, profiquo ecc.?Anche qui, ad avere un po’ di tempo, c’è materia a sufficienza per intrattenersi un poco, per riflettere, per interpretare. D’altronde a cosa servono le statistiche?